02 gennaio 2011

Un garfagnino che disobbedì a un Serenissimo Principe


Poco nota è la biografia del garfagnino Bartolomeo Valdrighi, nato a Castelnuovo di Garfagnana il 14 ottobre 1739, figlio di Giacomo Filippo, capitano dei Bombardieri di Montalfonso e di Anna Caterina Pieracchi. Sconosciuta la sua sfortunata storia di uomo retto e intellettualmente onesto, che pagò di persona il suo rigore morale, avendo una sola volta osato contraddire il Serenissimo Principe dell’epoca. Cambiano i tempi ma forse non i personaggi, quindi gli eventi che andiamo a raccontare possono ripetersi e, magari, essere ancora utili ed insegnare qualcosa. Il nostro Valdrighi studiò prima legge nell’Università di Reggio e si laureò, come tradizione per l’epoca, in utroque jure (diritto civile e canonico) a Modena nel 1761, dopo essersi sposato con Maria Apollonia Grisanti di San Donnino, della quale ho già trattato -stavolta per causa di parentado- in passato sul “Corriere”. Lo stesso anno della laurea, con chirografo di Francesco III d’Este, il Valdrighi veniva subito nominato avvocato e abilitato a patrocinare avanti qualunque giudice e tribunale. Immediatamente si distinse per le sue capacità e, già nel 1762, era nominato Segretario del Supremo Consiglio di Giustizia del Ducato e nell’anno successivo, a soli 24 anni, Ministro Auditore nel Magistrato sopra la Giurisdizione. Nel 1764 decide di partire per un avventuroso viaggio, andando all’Università di Lipsia per approfondire i temi del diritto pubblico. Alla conclusione della meritata specializzazione presentò una tesi sulla quadruplice alleanza del 1718 (fra Inghilterra, Austria, Francia e Olanda contro il tentativo spagnolo di predominio del Mediterraneo) ricevendo il plauso di importanti giuristi europei. Tornato in patria nel 1766 fu incaricato, quale primo docente di diritto pubblico, di tenere apposite lezioni proprio nell’Università di Modena. Nel 1771 completava il suo più importante e noto lavoro dedicato alla codificazione delle leggi e costituzioni del Ducato (il Codice Estense), aiutando non poco alla definizione di un diritto generale, e segnando i veri principi della giurisprudenza, ponendo argine agli abusi e ai deviamenti del Foro, prescrivendo ben chiaramente le regole dell’Amministrazione della Giustizia sì civile che criminale.
Il duca Francesco III d’Este lo ricompensò per l’opera svolta col titolo di conte del feudo di Deusi e poi delle Carpirete per sé e suoi discendenti maschi e incaricandolo, successivamente, della compilazione degli statuti del Monte Generale dei Pegni, dell’Amministrazione dell’Opera Pia Generale dei Poveri e dei regolamenti della nuova Università modenese.
Nel 1776 la morte di Giberto Pio di Savoia, marchese di Castel Rodrigo e la successiva controversia per la successione degli Este al ramo sabaudo spagnolo, furono la causa dell’infelice sorte dell’onesto Bartolomeo Valdrighi. Lo stesso Consiglio di Giustizia di Modena aderì ad un parere legale espresso pubblicamente dal conte Valdrighi, che ben argomentando, negava decisamente ogni diritto di Francesco III sui possedimenti romani del defunto Savoia. La successiva vittoria della causa alla Rota romana da parte degli eredi di Pio di Savoia sulle pretese modenesi fece andar su tutte le furie l’Este e, conseguentemente, cadere in disgrazia il Valdrighi. L’oramai ottantenne Duca, che aveva più volte riconosciuto pubblicamente le capacità del giureconsulto garfagnino, tolse solo per questo parere al nostro Bartolomeo ogni incarico a far data dal 1779, lasciandolo senza lavoro e stipendio. Il Valdrighi, nell’impossibilità di trovare lavoro in patria, abbandonato quindi il ducato modenese espatriò a Genova, rimediando una dignitosa occupazione quale avvocato fiscale della Rota criminale. Bartolomeo Valdrighi vi morirà il 16 dicembre 1787, appena quarantottenne, senza aver rimesso piede nel Ducato estense e nella natia Garfagnana.

(nella foto: Francesco III d’Este)

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