02 gennaio 2011

Le Campane di San Bartolomeo di Molazzana


Non c’è dubbio che le campane, fin dai tempi più antichi, abbiano avuto un ruolo fondamentale in ogni comunità. Difficile anche poter risalire al primo inventore di questo strumento. Sicuramente è certo che in India i monaci utilizzavano piccole campanelle per riunirsi in meditazione. Ma anche gli Etruschi ed i Greci ne fecero diversi usi. L’etimologia dell’italiana “campana” deriva però dall’utilizzo del bronzo campano, che si riteneva buonissimo per questo scopo. La leggenda vuole che San Paolino, vescovo di Nola, ne sia l’inventore. Nella storia delle religioni ci fu, però, anche chi avversò l’uso della campana: basti citare Saladino, Maometto e Calvino. Questo dipese anche dal fatto che molti attribuivano, proprio alle campane, una particolare sacralità e quindi poteri soprannaturali. Possiamo ricordare, ad esempio, lo storico locale del XVII secolo, Pellegrino Paolucci, che parlando della campana della chiesa di Gragnana risalente al 1257, riferiva che riesce il di lei suono prodigioso nel rompere, e nello scacciare le Tempeste imminenti, così come succedeva per altre campane storiche della Garfagnana. Campana e campanile, inoltre, hanno da sempre impersonificato l’identità di una comunità.
Nelle epoche lontane le campane avevano un uso non esclusivamente religioso. Nel territorio locale riscontriamo infatti, anche in piccole realtà, campanili che avevano un tradizionale uso promiscuo, sia civile che religioso. Come non ricordare, ad esempio, l’alta e severa torre di San Frediano di Sassi, facilmente immaginabile come punto di osservazione e segnalazione ad uso dell’antico castello estense? Probabilmente la stessa sorte ebbe il campanile di San Bartolomeo di Molazzana, allocato al centro di quella fortificazione trasformata, nel 1926, in parco della Rimembranza. Le campane di San Bartolomeo servivano, di sicuro, per chiamare la cittadinanza nel castello in caso di attacco, come per convocare gli uomini della Comunità (l’antico consiglio comunale), al suono della Campana maggiore, così come ricordato dal primo capitolo dello statuto del 1663.
Bisogna rispolverare alcuni documenti dell’Archivio storico comunale per trovare un verbale del 29 novembre 1772, che riporta la complessa procedura volta a rifondere la vecchia Campana maggiore, che si era rotta nel mese di ottobre dello stesso anno. È lo stesso governatore della Garfagnana, il conte Camillo Munarini, che autorizza la convocazione dei capifamiglia per discutere dell’argomento. Vengono innanzi tutto nominati due mandatari, il signor Giuseppe Venturelli e il notaio Giovanni Ranieri Guidugli, affinché seguano con particolare cura i lavori della campana. La questione più importante, però, è come suddividere la spesa per la fusione fra la parrocchia e il comune. Un terzo, in base alle consuetudini, deve spettare alla Comunità, mentre il resto, secondo la loro disponibilità, all’Opera parrocchiale, alla Compagnia del Santissimo Nome di Gesù, alla Compagnia del Rosario e all’Altare del Santissimo Crocifisso. I capifamiglia, con i sindaci-consoli Antonio Jacopi e Matteo Cecchini, provvedono quindi ad autorizzare i mandatari a definire il prezzo e modalità del lavoro, come a prendere in prestito la somma necessaria, mettendo a garanzia i beni del Comune.
Le attuali tre campane, nel campanile esternamente rinnovato, sono state fuse al tempo del parroco don Antonio Vannucci, colui che volle riparare la frana che aveva distrutto l’antica chiesa di San Bartolomeo e ricostruire le sembianze della rocca estense. Le due maggiori, dedicate alla Vergine e a San Bartolomeo e la “piccola” hanno resistito all’ultima guerra e ancora suonano quotidianamente per scandire le ore di Molazzana e per alcune festività (salvo l’impedimento momentaneo per un batacchio da poco caduto…). La signora Olga, quasi come l’ultima castellana dell’indomito fortilizio, amabilmente pronta a ricordare aneddoti locali, rammenta quando l’esercito nazista minò il campanile, facendo drammaticamente finire le campane fin sulla piazza sotto la rocca, dove rimasero a suonare fino a quando furono ricollocate sull’antica torre.

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