04 marzo 2007

Un arbitrato cinquecentesco fra Sassi ed Eglio

Scriveva lo storico ottocentesco Carlo De Stefani, a proposito “Di alcune proprietà collettive nell’Appennino”, che “tra i fatti più adattati ad illustrare la storia non chiara delle antiche popolazioni italiche e dei lori istituti è senza dubbio quello delle proprietà collettive”.
Non c’è dubbio che gran parte del territorio dei nostri paesi era gestito, fin dai tempi più antichi, da una comunione, di tutti gli appartenenti alla comunità. Si trattava di un sistema “collettivista” proprio di diverse popolazioni e di molti periodi storici. Difficile tornare indietro nel tempo e affermare, con certezza scientifica, a chi imputare l’origine di queste tradizioni. Potrebbe essere affascinante immaginare già i Romani, nel secolo II° d.C., lasciarci questa importante eredità. Ma chi può invece escludere una memoria ancora più antica, magari risalente ai fieri Liguri Apuani, oppure più verosimilmente alla cultura giuridica nordica dei Longobardi?

Se si può sicuramente dichiarare che gli usi civici hanno permesso, nei secoli, lo sviluppo e il sostentamento dei nostri comuni rurali, altrettanto certo è che, una gestione collettiva dei beni, non è costituzionalmente facile da mantenere giorno dopo giorno, nel vivere quotidiano. Possiamo pensare alle attuali liti, assai frequenti, in merito alle comunioni ereditarie, e si comprende quanto facili dovevano essere le controversie relative ai boschi ed ai pascoli di un paese intero. Le cose si complicavano se, oltre a dover gestire i conflitti interni, gli screzi riguardavano la comunità vicina, in definizione di confini e rapporti vari.

Risale al 1565 un interessante arbitrato (o “accomodo”) fra le comunità di Sassi e di Eglio, recentemente rinvenuto nell’Archivio Storico del Comune di Molazzana. Grazie ad un compilatore seicentesco, il notaio Alfonso Ponticelli di Castelnuovo, possiamo avere notizia di questo atto, formato da quattro arbitri (due di Sassi e due di Eglio), autorizzati da un compromesso formale dei rispettivi consigli che riporta: “Vedendo e conoscendo nascer liti, e contesa fra li detti communi et uomini per non esser confini, che dividino i luoghi, territorio e le giurisdizioni d’ambe le comunità e desiderando tor via le discordie e controversie che al presente si ritrovano, come ancora schifare ogni lite e discrepanza, che in l’avvenire potesse nascere”.

Interessanti sono le località riportate, che al posto degli attuali mappali catastali ci danno l’idea delle linee immaginarie che avrebbero dovuto separare i due paesi. Riportiamo, ad esempio, il confine “dal Molino di Stazzana salendo ed andando per il letto del Canale di Tigliora fino alla Maestà della Croce posta fra Sassi et Eglio nel Crociale”. Sono citati altri luoghi nel documento, quali ad esempio Lezzoni, Monte d’Anima, Malbacco della Foce, Via di tre Canali, Aretta di tre Canali, Grotta diriguardo, Foce di Calcinaia, Focettina di focchiata, Bocca di pian di lago, Colle della borra dell’Arato, Canale di Porchia, Colle a Campigliaia ecc.

Nell’occasione dell’arbitrato si ridefinisco le regole di convivenza già previste negli Statuti, prevedendo, ad esempio, che non si possano “far ciocchette sopra li predetti beni…né (si) possano tagliar castagni, o rami, cerri, querce o altri alberi silvatici”. Egualmente vietato il “portar foglie dalle selve d’altri senza licenza dei padroni delle dette selve insino doppo la festa del Natale”. Per i pascoli si ridefiniscono tutte quelle aree anticamente comuni (ad esempio “dal Colle di Campigliaia in là, verso la Pania”), come i beni che debbono invece restare di un solo paese (”…eccetto però il Prato luogo detto di Pianiza, quale è della Comunità di Sassi”). In merito alle vie di comunicazione gli arbitri condannano i due paesi “a risarcire et accomodare le strade, per le quali si va all’Alpi, unitamente et d’accordo secondo il tenore di un certo istrumento et contratto già fatto fra li detti Communi l’anno 1561…”.

I conflitti, non intesi necessariamente come disvalore, sono insiti nella stessa essenza dell’essere umano. La nostra storia, quella “garfagnina doc”, ci dimostra qui come si possono trovare delle soluzioni condivise che permettono di vivere, pacificamente, su un territorio comune. Come direbbe il televisivo Lubrano “la domanda sorge (allora) spontanea”: perché oggi non sappiamo risolvere, spesso e volentieri, neanche una lite di condominio?

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