19 giugno 2002

Alla ricerca delle origini: da San Paolo del Brasile a Gallicano

Siamo tutti affascinati, chi più e chi meno, dalla ricerca delle proprie origini. Il conoscere la genealogia della propria famiglia, la storia dei propri ascendenti, è quasi una atavica curiosità che, prima o poi, nel corso di una vita, viene a galla e cerca, talvolta con energica insistenza, la giusta soddisfazione.
Ancora di più, questa “sete di informazioni”, prende consistenza se ci troviamo a portare un cognome straniero nel paese di nascita. Se l’Italia, per l’ottocentesco Stato del Brasile, fu apprezzata terra di approvvigionamento di manodopera, dopo l’abolizione della schiavitù, oggi l’interesse per l’industrializzata ed artistica terra dello stivale acquista altre sfumature. I discendenti dei nostri connazionali, oramai di terza o quarta generazione, agevolati dai moderni mezzi di comunicazione, cercano dati, notizie, documenti e volti per riempire una voragine di silenzio e di vuoto, talvolta ampi più di cento anni.
Fa sicuramente una grande emozione il riunire famiglie delle quali, fin dalla fine dell’Ottocento, si era perduta ogni traccia. Non so se sia il richiamo del sangue, o un universale bisogno di appartenenza al clan che, in queste occasioni, fa varcare gli oceani per ricongiungere quel che era stato diviso da più di un secolo di vicissitudini. Subito si provano a riconoscere i tratti somatici, le espressioni, le gestualità, quasi si volesse, caparbiamente, annullare il tempo e lo spazio all’istante.
Una di queste fortunate occasioni d’incontro risale al 2 aprile scorso, fra il sottoscritto e la signora Ivonne Escobar, brasiliana di San Paolo, discendente di Giovanni Antonio Dionisio Bellonzi, nativo di Gallicano ed emigrato nel 1887 a Descalvado, nell’omonimo Stato sudamericano, e poi in Riberao Preto. I mezzi telematici ci avevano messo in contatto con la nipote della signora Escobar, Vera Bellonzi Abissambra, pochi giorni prima, preannunciando l’arrivo della zia verso la terra lucchese di origine. Una visita felice, che ha in un batter d’occhio livellato le differenze anagrafiche e linguistiche, creando i presupposti per un ricongiungimento non estemporaneo.
Tortuosa anche la via che ha condotto i Bellonzi fino all’altro capo del mondo. Da antica famiglia nobile bolognese, la progenie giunse alla fine del ‘400 in terra di Ferrara, per scongiurare lotte politiche cittadine, mutando da quel periodo il medievale cognome della stirpe De’ Bacillieri. Da lì, dopo aver bonificato buona parte delle “Valli di Marrara”, passò un ramo, detto dei Bellonzi Siega, in quel di Rovigo, dove ebbe come maggior esponente Ercole, giureconsulto e oratore del foro rodigiano. Il ramo di Ferrara frequentò la corte estense ai tempi dell’Ariosto (Salvatore Bellonzi fu fidatissimo consigliere del Duca Ercole d’Este, che gli fece riconoscere l’antico titolo nobiliare). Si portò poi alla fine del Seicento messer Jacopo in Provincia di Garfagnana, sempre al seguito dell’amministrazione ducale, precisamente in quel di Promiana, nel comune di Molazzana. Quest’ultimo mise su famiglia, e ha resistito nel tempo, sulla vecchia via che porta a Brucciano, l’avito rudere chiamato ancor oggi la Ca’ del Bellonzi. Dai due figli, ser Pellegrino e mastro Giovan Battista, ecco prodotta la stirpe garfagnina. In poco meno di due secoli ritroviamo in Gallicano Gio. Antonio, il nonno di Ivonne Escobar e il bisnonno di Vera Bellonzi Abissambra, di professione sarto in Riberao Preto, nello Stato di San Paolo, alla fine dell’ottocento.
Una storia come tante, eppure unica nelle esperienze individuali, nelle trepidazioni familiari che attraversano i corsi ed i ricorsi della storia collettiva. E quasi come un ineluttabile destino, sembra ripetersi, suadente, ancora una volta, l’invito pascoliano: sì ritorniamo, dove son quelli ch’amano ed amo.

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