Per chi non è a suo agio con Internet e con le potenzialità del Web c’è da specificare che Facebook è stato fondato il 4 febbraio 2004 da Mark Zuckerberg all'epoca studente diciannovenne presso l'università di Harvard, con l'aiuto di Andrew McCollum e Eduardo Saverin. Per la fine del mese, più della metà della popolazione universitaria di Harvard era registrata al servizio. Sempre “saccheggiando” la Rete si può dire in poche parole che in Facebook gli utenti creano profili che spesso contengono fotografie e liste di interessi personali, scambiano messaggi privati o pubblici e fanno parte di gruppi di amici. Se è vero che i profili riguardano prevalentemente persone, molti in realtà sono costituiti da gruppi di discussione dedicati ai temi più disparati. Provando a cercare “Garfagnana” fra le pagine del più famoso social network si hanno risultati interessanti. In testa, per il numero di utenti, il profilo “Garfagnana”, con 1.961 persone che hanno lasciato un “mi piace” e, a seguire, un altro “Garfagnana” con 1.466 iscritti, fondato da Mario Puppa, con interessanti foto e notizie in bacheca. Simpatici altri profili, dedicati agli “Amici della Garfagnana-Friends of Garfagnana” e anche “Adoro la Garfagnana-Garfagnana mi garbi” con entrambi i titoli in versione “bilingue” o il semplice “Io amo la Garfagnana” con 548 iscritti. Chiude le tematiche generali “La mia Garfagnana”, che raccoglie un po’ di articoli storici pubblicati sul tema negli anni.
Fanno indubbiamente da padrone un numero elevato di sodalizi garfagnini, segno anche della vivacità associativa del territorio. Cito, ad esempio e senza pretesa di completare l’elenco, l’Atletico Castiglione, il Golf Club Garfagnana, lo Speleoclub Garfagnana, il G.S. Orecchiella, lo Slow Food (con ben 1.352 amici), il Rugby Garfagnana, il Garfagnana Bikers (motociclismo), il Gruppo Valanga Alpina di Sillicano, la Consulta Giovanile e la Corale del Duomo di Castelnuovo di Garfagnana, il Gruppo folclorico la Muffrina di Camporgiano e così via.
Rinveniamo, fra i riferimenti garfagnini, anche semplici Comuni e località, come Castelnuovo, Magliano, Trassilico, i fans di Casciana (fondatore Luigi Menchi), San Romano, la Parrocchia di Borsigliana, Mozzanella (con ben 152 membri) e Piazza al Serchio.
In una sorta di categoria arte/natura possiamo citare i due davvero interessanti profili dedicati a “Gli alberi più belli della Garfagnana” e “I campanili della Garfagnana”, sicuramente da consultare soprattutto per le bellissime foto raccolte e pubblicate.
In uno sguardo rivolto alle peculiarità alimentari si trovano invece i profili “I love necci”, argomento che valica la Garfagnana e accoglie anche l’Appennino pistoiese e “Fogaccia leva”, dichiaratamente “dedicato ai Gallicanesi DOC”.
Non mancano gruppi che cercano di collegare i “Professionisti nati in Garfagnana” (405 membri, fondato da Antonio Dini) e un profilo ”Vogliamo la superstrada in Garfagnana”, di ben 1.371 iscritti, che ha per obiettivo quello di “raccogliere tutti quelli che, aldilà delle convinzioni politiche, vogliono avere una strada che li colleghi con il resto del mondo in modo semplice e veloce”.
Chiudiamo l’elenco con “Garfagnana indipendente” dove si dichiara candidamente che “odiati e derisi dai lucchesi è il momento di lasciarli senza acqua” e, per par condicio il “Non siamo garfagnini”, per continuare una “tradizione” campanilistica che qualcuno, probabilmente, sente ancora.
La mia Garfagnana
Storia, folklore e tradizioni
Questo blog sulla Garfagnana è volutamente uno zibaldone: raccoglie i miei articoli di storia e cultura locale pubblicati, negli anni, in zona (da Il Corriere di Garfagnana, La Pania, Ponti nel Tempo...). Si tratta di utilizzare uno strumento telematico per archiviare questa documentazione e - perché no? - permetterne la lettura anche ad appassionati della Garfagnana. Nulla di più. Buona lettura...
Manuele Bellonzi
28 gennaio 2011
03 gennaio 2011
If this was America…e non solo
È tutto da leggere l’articolo di Sergio Casci pubblicato sulla rivista Italia & Italy dal titolo If this was America (Se questa fosse America). Il famoso autore italo-scozzese di American cousins ci prova a raccontare la sua adolescenza ed il suo rapporto con la lingua -e cultura- dei genitori e dei nonni. In Italia il figlio e nipote di emigranti non è più né italiano né scozzese ma, consapevole di essere incapace di discutere che di calcio e pastasciutta, rischia di perdersi nell’affannoso tentativo di raggiungere coloro che hanno avuto la fortuna di nascere e crescere nella madrepatria. Ecco quindi la soluzione: rifiutare la condizione di italiano pro quota alla continua ricerca di identità ed “inventarsi” lo status di purosangue, 100% italo-scozzese. Da qui il rinnovato orgoglio di far parte di un gruppo che ha dato molto sia al mondo degli affari, dell’arte come dello sport.
Si è tanto (e giustamente) parlato della storia della nostra emigrazione. Spesso sono stati evidenziati più i successi, il valore assoluto dell’aver “fatto fortuna”, che le dolorose avventure finite talvolta in tragedia. Come non fare invece un cenno alle lettere dell’ormai conosciutissima storia di Angelina Bartolomasi di Camporgiano a San Carlos do Pinhal? La certezza che questo tempo passerà presto, verrò a mangiare fichi e l'uva questaltranno racchiude tutta l’anima del migrante ottocentesco e non abbisogna d’altro per comprendere il sentimento e le passioni dei nostri avi.
Ma al di là dell’aspetto storico-emozionale, sempre con le riflessioni di Sergio Casci, ci dovrebbe forse unire, oggi, una storia più grande, una storia condivisa. Questa storia che non appartiene solo a chi è rimasto al di là della frontiera, ma che va ricercata nel DNA di ciascuno di noi, nessuno escluso, anche in patria e ancor di più in Garfagnana.
Fra le carte che la nonna materna di Vibbiana conservava gelosamente e mi mostrava fin da piccolo c’era il passaporto dell’avo Giuseppe che, nel 1858, andava a CastagnetoToscano terra granducale, i documenti del padre Giovan Battista che partiva per la Corsica nel 1869 e del marito Mansueto, che arrivò a Ellis Island il 20 maggio 1912 colla nave Rochambeau salpata in Francia dal porto di Le Havre.
Chi cresce con questi ricordi non è né italiano né straniero. Gli sterili campanilismi locali e i sempre più frequenti nazionalismi non possono aver dunque presa. Sono d’accordo con Sergio Casci che forse possiamo coniare una sorta di tertium genus, una categoria tutta propria che una volta tanto ha il vantaggio di non dividere ma unire, e quella storia e quelle esperienze sono solo nostre (…), ci hanno aiutato ad essere quello che siamo.
Si è tanto (e giustamente) parlato della storia della nostra emigrazione. Spesso sono stati evidenziati più i successi, il valore assoluto dell’aver “fatto fortuna”, che le dolorose avventure finite talvolta in tragedia. Come non fare invece un cenno alle lettere dell’ormai conosciutissima storia di Angelina Bartolomasi di Camporgiano a San Carlos do Pinhal? La certezza che questo tempo passerà presto, verrò a mangiare fichi e l'uva questaltranno racchiude tutta l’anima del migrante ottocentesco e non abbisogna d’altro per comprendere il sentimento e le passioni dei nostri avi.
Ma al di là dell’aspetto storico-emozionale, sempre con le riflessioni di Sergio Casci, ci dovrebbe forse unire, oggi, una storia più grande, una storia condivisa. Questa storia che non appartiene solo a chi è rimasto al di là della frontiera, ma che va ricercata nel DNA di ciascuno di noi, nessuno escluso, anche in patria e ancor di più in Garfagnana.
Fra le carte che la nonna materna di Vibbiana conservava gelosamente e mi mostrava fin da piccolo c’era il passaporto dell’avo Giuseppe che, nel 1858, andava a CastagnetoToscano terra granducale, i documenti del padre Giovan Battista che partiva per la Corsica nel 1869 e del marito Mansueto, che arrivò a Ellis Island il 20 maggio 1912 colla nave Rochambeau salpata in Francia dal porto di Le Havre.
Chi cresce con questi ricordi non è né italiano né straniero. Gli sterili campanilismi locali e i sempre più frequenti nazionalismi non possono aver dunque presa. Sono d’accordo con Sergio Casci che forse possiamo coniare una sorta di tertium genus, una categoria tutta propria che una volta tanto ha il vantaggio di non dividere ma unire, e quella storia e quelle esperienze sono solo nostre (…), ci hanno aiutato ad essere quello che siamo.
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