È tutto da leggere l’articolo di Sergio Casci pubblicato sulla rivista Italia & Italy dal titolo If this was America (Se questa fosse America). Il famoso autore italo-scozzese di American cousins ci prova a raccontare la sua adolescenza ed il suo rapporto con la lingua -e cultura- dei genitori e dei nonni. In Italia il figlio e nipote di emigranti non è più né italiano né scozzese ma, consapevole di essere incapace di discutere che di calcio e pastasciutta, rischia di perdersi nell’affannoso tentativo di raggiungere coloro che hanno avuto la fortuna di nascere e crescere nella madrepatria. Ecco quindi la soluzione: rifiutare la condizione di italiano pro quota alla continua ricerca di identità ed “inventarsi” lo status di purosangue, 100% italo-scozzese. Da qui il rinnovato orgoglio di far parte di un gruppo che ha dato molto sia al mondo degli affari, dell’arte come dello sport.
Si è tanto (e giustamente) parlato della storia della nostra emigrazione. Spesso sono stati evidenziati più i successi, il valore assoluto dell’aver “fatto fortuna”, che le dolorose avventure finite talvolta in tragedia. Come non fare invece un cenno alle lettere dell’ormai conosciutissima storia di Angelina Bartolomasi di Camporgiano a San Carlos do Pinhal? La certezza che questo tempo passerà presto, verrò a mangiare fichi e l'uva questaltranno racchiude tutta l’anima del migrante ottocentesco e non abbisogna d’altro per comprendere il sentimento e le passioni dei nostri avi.
Ma al di là dell’aspetto storico-emozionale, sempre con le riflessioni di Sergio Casci, ci dovrebbe forse unire, oggi, una storia più grande, una storia condivisa. Questa storia che non appartiene solo a chi è rimasto al di là della frontiera, ma che va ricercata nel DNA di ciascuno di noi, nessuno escluso, anche in patria e ancor di più in Garfagnana.
Fra le carte che la nonna materna di Vibbiana conservava gelosamente e mi mostrava fin da piccolo c’era il passaporto dell’avo Giuseppe che, nel 1858, andava a CastagnetoToscano terra granducale, i documenti del padre Giovan Battista che partiva per la Corsica nel 1869 e del marito Mansueto, che arrivò a Ellis Island il 20 maggio 1912 colla nave Rochambeau salpata in Francia dal porto di Le Havre.
Chi cresce con questi ricordi non è né italiano né straniero. Gli sterili campanilismi locali e i sempre più frequenti nazionalismi non possono aver dunque presa. Sono d’accordo con Sergio Casci che forse possiamo coniare una sorta di tertium genus, una categoria tutta propria che una volta tanto ha il vantaggio di non dividere ma unire, e quella storia e quelle esperienze sono solo nostre (…), ci hanno aiutato ad essere quello che siamo.
Nessun commento:
Posta un commento